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Yucatan e cultura Maya, Valladolid, Chichen Itza, Merida

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13 April 2020
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Reading Time: 4 mins read
Tags: Chichen ItzaMayaMeridamessicoVallaloidYucatan
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12 agosto 2014

Ultimo sguardo alla spiaggia di Cancun. Pedro, il mio autista yucateco mi scatta un’ultima foto, ed io ne faccio una a lui. Oggi mi aspettano molti chilometri, più di 300 mi pare. Valladolid, Chichen Itza e poi Merida, tutte località dello Yucatan, cuore pulsante della cultura Maya.

Valladolid è la mia prima tappa, il sole è rovente, sono le due del pomeriggio. VallaloidOggi è la giornata ideale per un bagno in un cenote, mi suggeriscono il “cenote Zaci”, il più famoso della zona per le sue acque azzurrissime e per buona parte aperto.

Non c’è tempo. Mi dirigo sulla piazza principale, maestosa mi appare la Cattedrale di San Bernardino appartenente al XVI secolo. Al centro un piccolo parco, Francisco Cantón Rosa, dove si sono molte famigliole e cinguettanti bimbi, a ripararsi dal caldo, tutto intorno pittoresche stradine e bei palazzi dai caldi colori messicani. Mi siedo su una panchina, un gelato. Vorrei saperne di più, passeggiare un pochino ancora, parlare con gente che qui più che altrove sembra cordiale ed ospitale.

Ahimè il tempo è tiranno e la mia prossima tappa nello Yucatan non è proprio dietro l’angolo.

Non vedo l’ora di conoscere Chichén Itzá, patrimonio dell’umanità UNESCO dal 1988 ed una delle sette meraviglie del mondo moderno dal 2007. Il nome Chichén Itzá deriva dalle parole chi, “bocca”, e ch’en “pozzo”, e significa letteralmente “Alla bocca del pozzo degli Itza”, un gruppo etnico che aveva una posizione politica ed economica predominante nella parte settentrionale dello Yucatan. A sua volta, il nome “Itza” viene in genere ricondotto a itz, “magia”, e (h) á, “acqua”, e tradotto in “maghi” e/o “streghe” dell’acqua.

Il mio luogo perfetto, direi. Appeno entro ad acquistare il biglietto una targa a memoria di Luciano Pavarotti, che qui ha tenuto un concerto nel 2007. Un sano orgoglio italiano mi pervade.

Non mi attardo oltre, percorro un vialetto con fitta vegetazione ai due lati, un pò di fresco, in questa giornata particolarmente assolata ed umida. Al primo sguardo Chichén Itzá mi appare maestosa, ancora più di quanto immaginassi. De resto, al suo apogeo era la maggiore potenza economica delle terre Maya settentrionali.

Qui i Maya, sfruttando le rotte marittime che circondavano la penisola dello Yucatan per mezzo del sito portuale di Isla Cerritos, riuscivano a ottenere materie prime non disponibili localmente, come l’ossidiana dalle regioni del Messico centrale e l’oro dalle regioni del Centroamerica più a sud. chicken-itzaLe rovine si estendono su un’area di circa 3 km², ed appartenevano a una grande città che fu uno dei più importanti centri della regione intorno al periodo epiclassico della civiltà Maya, fra il VI e l’XI secolo.

Il sito comprende numerosi edifici, rappresentativi di diversi stili architettonici. I più celebri la piramide di Kukulkan ovvero El Castillo, l’osservatorio astronomico o Caracol e il Tempio dei guerrieri. Ho giusto il tempo di qualche foto ed una passeggiata. Il luogo è mistico, si percepisce la potenza di un popolo, e neppure il trascorrere del tempo ne mitiga l’energia, al contrario. Da ultimo il richiamo della strega dell’acqua, il cenote sacro Maya.

In uno Yucatan prevalentemente arido la presenza di due larghi e profondi cenotes, che forniscono acqua in abbondanza, ha reso il sito particolarmente attraente per l’insediamento.

Ormai il sole tramonta, anche se il calore e l’umidità non desistono, ed io mi appresto a rientrare, certa che anche qui dovrò tornare, non mi basta quello che ho visto, ho bisogno di sapere, di conoscere più a fondo questi Maya.

Mi avvio lemme lemme sul sentiero di ritorno e lungo tutto il percorso messicani yucatechi Maya vendono souvenir ai turisti. Io prendo un bellissimo poncho multicolore, forse potrò utilizzarlo a Città del Messico, dove farà sicuramente più fresco.

È stata una lunga e calda giornata. Sogno una doccia. Finalmente giungiamo a Merida, al Koox Art 57, delizioso hotel boutique, dai caldi colori giallo senape e rosa fragola intenso. Molto accogliente, molto messicano, con più giardini esotici all’interno. Mi piace molto, mi fa sentire a casa. Non a caso la password wifi è welcomehome. Mi accoglie Paty, deliziosa, e mi promette che l’indomani mattina saremo insieme a colazione e mi racconterà il Koox concept. Io sarei già curiosa, ma Josuè mi aspetta. Mi ha appena chiamata per darmi il benevenuto, ci vedremo verso le 7 al Rosas & Xocolate, per cena.Rosas-Chocolate

Josuè è guapo e simpatico, ci prendiamo una limonata ed Alycia ci fa vedere questo straordinario albergo, quasi un nuovo luogo di culto di Merida, e forse dello Yucatan.

Deliziosa cena, cucina Maya egregiamente rivisitata dallo chef David Segovia. Scelgo il polpo fritto, piccantino, i gamberi in spuma di lime, ed una crema catalana con i petali di rosa caramellizata e gelato di cacao amaro.

Sorprendente il padrone di casa, tal Carol Kolozs, ma di questo vi racconterò domani.

(di Patrizia Marin)

 

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