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Moda: per autunno-inverno 2015-16 stilisti s’appellano ad ABC
La moda si appella a slogan, logo e scritte. E così l’alfabeto sfilerà sulle passerelle per le collezioni autunno 2015-inverno 2016, da Versace a Dolce&Gabbana, fino a Marc by Marc Jacobs. La moda, insomma, lancia messaggi a chiare lettere, facendole ‘cadere’ su gonne, abiti, giacche, scarpe, accessori e tshirt. Scritte, loghi, lettere, graffiti e slogan scivolano così sulle passerelle per l’autunno-inverno 2015-2016. Da Versace a Lacoste, fino a Dolce&Gabbana, Marc by Marc Jacobs e Moschino, gli stilisti parlano chiaro, facendo appello all’alfabeto per vestire le donne.
Anche Beatrice Borromeo non ha resistito. All’indomani delle nozze con Pierre Casiraghi, la neosposina ha infatti esibito una clutch ricoperta di strass di Edie Parker, realizzata per l’occasione, con la scritta “Mrs Casiraghi”.
Vocali e consonanti sono messe in primo piano nella collezione 2.0 disegnata da Donatella Versace, e chiamata non a caso #greek, che davanti alle lettere ‘ballerine’ del brand, aggiunge anche hashtag e greche, trasformate per l’occasione in emblemi digitali.
Un gioco psichedelico e trasgressivo fatto di cromie forti (rosso lacca, verde, giallo e blu elettrico) pronte a marcare a fuoco miniabiti e gonne di chiara ispirazione Eighties. Bluse, abiti ipersensuali e grossi anelli con le lettere dell’alfabeto della Medusa: tutto grida forte VERSACE.
Lettering all over anche per Dolce&Gabbana, che usano i propri capi per stilare una vera e propria dichiarazione d’amore alla mamma, con i ‘pensierini’ e i disegni scritti dai più piccoli che decorano minidress, pencil skirt e abiti d’ispirazione fifties. “Ti voglio bene mamma”, “Amore per sempre”, “Sei la mamma più bella del mondo”, “Bellissimo fiore”, “Vestiti belli”, “W la mamma” appaiono interamente incrostati di strass su abiti mini e maxi.
Da Lacoste, “parole parole parole” campeggiano su felpe, giacche sportive e abiti da tennis, nella collezione disegnata da Felipe Oliveira Baptista, che omaggia l’esprit innovativo del fondatore della polo del coccodrillo, René Lacoste.
Il designer portoghese lo fa brandendo un messaggio forte: “René did it first”, e cioè “René l’ha fatto per primo”, scritte accompagnate da inviti ludici come “Tennis Anymore?” stampato a chiare lettere sulle felpe blu.
Dice di non avere niente da indossare la donna Moschino, che calca il podio vestita solo da t-shirt bianche dai volumi oversize con su scritto “I had nothing to wear so I put on this Moschino dress”, e l’ironico gioco di parole “Ready to bear” con su disegnato l’orsetto mascotte del brand meneghino. Anche per la sera, le parole di Jeremy Scott scorrono sui long dress sottoforma di graffito, che sulle tshirt dà anche istruzioni per il lavaggio: “Dry clean only”.
Anticonformista la collezione di Kate Hillier e di Luella Bartley, il duo al timone di Marc by Marc Jacobs, che lanciano slogan sociali come “Choice”, “Solidarity”, “Future” indossati da moderne suffragette.
Junya Watanabe porta invece in scena l’eccentricità, estendendo le scritte anche sulla pelle, con inchiostro nero che veste il corpo delle modelle.
#warrior e #plein è invece lo slogan digitale di Philipp Plein, che stampa gli hashtag su pellicce di visone e larghe tshirt da cestista indossate da temerarie guerriere urbane. Ironico il corsivo di Olympia Le-Tan impresso sui collant bianchi, e dipinto a mano dal padre della stilista, l’illustratore francese Pierre Le Tan.
Claim, slogan e messaggi in codice sembrano diventare, così, il linguaggio feticcio degli stilisti, che continuano a dettare tendenza come a sottolineare che infondo, l’ultima parola spetta sempre alla moda.