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Consorzio vini Venezia con indagine DNA ritrova antiche viti
Alla ricerca di viti perdute mediante l’analisi del DNA, in un lembo di terra prezioso come la laguna veneziana. Scoprire l’origine, la provenienza e le caratteristiche delle antiche viti presenti in Laguna, campionarle e propagarle per dare vita a impianti che costituiscano una banca genetica delle varietà ricavate dallo studio: tutto questo l’ambizioso progetto del Consorzio Vini Venezia, avviato nel 2010 insieme alle Università di Padova e Milano, il CRA-Vit di Conegliano e altri soggetti e già arrivato al traguardo di 68 piante campionate.
L’identificazione varietale della vite è stata affrontata con tecniche moderne di analisi del DNA (estratto da alcune foglioline) che ha consentito di ottenere l’impronta genetica della vite, ovvero il suo profilo molecolare, e di fare un confronto con la banca dati del Centro di Ricerca per la Viticoltura di Conegliano e con i dati di letteratura, portando all’identificazione di quasi tutte le viti campionate. Sono stati ottenuti 25 profili molecolari, 22 dei quali corrispondono a varietà già identificate.
In particolare, si tratta di 20 varietà di Vitis vinifera L., 14 uva da vino e 6 uva da tavola, e di 2 ibridi interspecifici molto noti, il Baco noir ed il Villard blanc. Tra i ritrovamenti anche una varietà importata dall’Armenia (in laguna esiste un’isola, San Gregorio degli Armeni, storica enclave di questa comunità).
È con l’intento di salvaguardare questa biodiversità del patrimonio viticolo lagunare, che sono stati realizzati due vigneti sperimentali, uno a Torcello, con la ristrutturazione di un vecchio vigneto, e l’altro all’interno del convento dei Carmelitani Scalzi che raccoglieranno le viti recuperate dal progetto. I campionamenti sono stati effettuati in 11 località comprese tra la laguna nord (isola di Torcello, delle Vignole e di S. Erasmo), Venezia città e la laguna sud (Lido Alberoni, S. Lazzaro degli Armeni e Pellestrina).
“La disponibilità delle comunità religiose, delle aziende ed anche dei privati hanno consentito la visione delle piante ed il prelievo di campioni per effettuare il DNA alle piante che risultavano di origine incerta o avevano comportamenti particolari”, ha spiegato Carlo Favero, direttore del consorzio. “Questo ci ha permesso di raccogliere un patrimonio di varietà molto interessante formato da tipi di viti conosciute, ma con ‘habitus’ non caratteristici e particolarmente resistenti alle malattie, accanto ad altre sconosciute. Il Progetto si prefigge, dunque, di scoprire l’origine, la provenienza e le caratteristiche delle viti ancora presenti a Venezia attraverso l’analisi di materiale genetico prelevato dalle piante, ma vuole anche rafforzare una parte storica e importante della viticoltura locale”.